Doric Hotel
è una fiaba metropolitana, intimistica ed emozionante, sui valori dell’amicizia
e della memoria storica, ma è al contempo il romanzo di formazione di una
giovane donna che, in lotta con i propri sentimenti per dimenticare un amore
difficile, scoprirà, senza quasi rendersene conto, una più matura ed
equilibrata consapevolezza di sé.
La nostra intervista all'autrice
Il tuo rapporto con la scrittura: quando e
come è nato? E’ una passione che coltivi da tempo o che è nata all’improvviso?
Fin da ragazzina pensavo che prima o poi avrei dovuto
scrivere un libro. Era un proposito vago e sempre rimandato per le ragioni più
disparate. Ero costantemente impegnata tra gli studi universitari (sono
laureata in giurisprudenza), i concorsi, il lavoro e poi la famiglia, l’occupazione
più faticosa, sebbene fonte di grandissima soddisfazione. E poi mi sentivo
inadeguata. Ero influenzata e intimidita dai classici stereotipi cinematografici,
quelli che, per intenderci, rappresentano la figura dello scrittore come l’artista
stravagante e intellettualoide che vive isolato e lontano dalla gente comune.
Chissà perché, me lo domando ancora adesso, immaginavo lo scrittore come il
soggetto “geniale, incompreso e povero in canna” che crea i suoi capolavori
nella penombra del suo studio disordinato mentre lancia per aria fogli
accartocciati e si dispera perché non riesce a sbarcare il lunario con i magri
guadagni della sua scrittura. Oppure era semplicemente un autore affermato di
best sellers, in costante crisi profonda “da pagina bianca”, che il proprio
editore affianca, per non perdere la sua gallina dalle uova d’oro, a un solerte
ghost writer che lavora al posto suo (in
barba agli ignari e numerosi lettori). Pensandoci adesso, mi viene da
sorridere. Uno di questi stereotipi si è rivelato comunque fondato: con la
scrittura di sicuro non ci si arricchisce economicamente! Ma non importa: non è
certo per questo che si intraprende un percorso letterario. Le soddisfazioni
sono ben altre.
Ho iniziato a scrivere tardi, ma è avvenuto al momento
giusto, quando ho superato i miei pregiudizi personali e quando ho avuto
finalmente la consapevolezza di possedere un dono particolare: quello della
narrazione. Ad un certo punto ho aperto i cancelli della mia fantasia e ho
inventato una storia fatta di emozioni intense che prima ha travolto me e poi di
seguito tutti i miei lettori …
Non è stata una decisione programmata a tavolino
quella di scrivere. È stato un solo oggetto particolare ad ispirarmi, una
lapide che ricorda una strage, quella del rifugio delle carceri di Santa
Palazia avvenuta il primo novembre del 1943 ad Ancona.
Hai seguito mai dei corsi di scrittura
creativa? Se sì, sono stati utili per la tua formazione di scrittrice?
No, non ho mai seguito corsi di scrittura creativa. I
corsi sono sicuramente utili per affinare lo stile letterario, non lo metto in
dubbio, ma io ho sempre preferito seguire una mia tecnica personale che si
ispira, sostanzialmente, a un tipo di narrazione quasi cinematografica.
Immagino le mie storie come in un film e le trascrivo su carta, così come le
vedo e come le sento in testa. Rimango convinta, in ogni caso, che la migliore
scuola di scrittura creativa sia la lettura in sé. Il mio obiettivo futuro è
quello sicuramente di migliorare il mio stile narrativo con la lettura dei
grandi autori del Novecento.
Parlaci con parole tue del tuo romanzo
“Doric Hotel”.
Il “Doric Hotel” sarà sempre il mio primo grande amore
narrativo, qualcosa di più di un semplice romanzo. Il mio piccolo primogenito letterario
che mi ha fatto diventare ufficialmente una scrittrice agli occhi del mondo! È
stata un’esperienza bellissima crearlo e di sicuro non dimenticherò mai le
notti intense che ho passato a lavorare duramente su di esso. La scrittura ti
costringe a tirar fuori sensazioni che non hai mai provato e ti lancia nel
vuoto, in un mondo assolutamente sconosciuto e affascinante. Non passa giorno
che io non prenda in mano il mio libro, quasi ad assicurarmi ancora della sua
esistenza. Lo considero un dono della vita e del destino.
"DORIC HOTEL è una fiaba
metropolitana, intimistica ed emozionante, sui valori dell'amicizia e della
memoria storica." A quali fonti ti sei ispirata?
Non mi sono ispirata a fonti particolari se non alla
lapide di cui ti dicevo. Ha scritto bene il giornalista Luigi Burchiani quando,
nella sua recensione pubblicata sull’Urlo, ha parlato di un portale. È vero,
quella lapide di marmo è stata l’effettivo portale attraverso il quale è passata
la storia del Doric Hotel. Rappresenta il valore della memoria, il valore
fondamentale che rischia di essere cancellato dall’incuria e dal disinteresse
della società di oggi, sempre più ossessionata dal successo sfrenato ottenuto spesso
senza ombra di sacrificio. Ma nella trama c’è molto di più. C’è l’amicizia femminile
messa di fronte a scelte drammatiche, l’amore e la stima tra generazioni
diverse, un affetto sincero verso alcuni luoghi di Ancona, il ricordo di quello
che è stato e che poi diventerà tra le strade e i parchi di una città
lontanissima come Boston, il punto di arrivo della protagonista trentenne Lara
Isabel, eternamente in cerca di una soluzione ai propri tormenti personali. Non
è un romanzo triste, è una storia di speranza e di serenità. Ecco perché spero nella
lettura del mio libro da parte di tanti e tanti giovani. A proposito, presto
presenterò il libro in due scuole della mia zona!
I tuoi personaggi sono di pura fantasia o
ispirati a persone realmente conosciute?
I miei personaggi sono assolutamente inventati. In
qualche tratto somatico o caratteriale possono ricordare qualche mia vecchia
conoscenza, ma niente di più.
Come definiresti il rapporto con la tua
città, Ancona? E in che maniera hanno accolto il tuo lavoro letterario i tuoi
concittadini?
Hai detto bene: la “tua” città. La nota biografica che
mi riguarda e che indica la città di Foligno come la mia città natale ha infatti
creato una certa confusione, anche tra i miei recensori. Sono arrivata ad
Ancona da piccolina (ho subito anche il terremoto del ’72!) e mi considero
anconetana a tutti gli effetti. Certo, il Dna umbro influenza fortemente il mio
modo di pensare, ma ad Ancona devo sicuramente moltissimo. Il titolo “Doric
Hotel” evoca in maniera molto chiara e suggestiva l’oggetto “dorico” della mia storia,
come una dedica alla città. Ci rimango molto male quando sento sparlare di Ancona.
Ma come si fa? Le città sono fatte di abitanti, oltre che di mura, perché proprio
i dorici si lamentano continuamente dicendo che si muore di noia e che non c’è
mai niente da fare? E perché gli avvenimenti culturali (basta vedere alcune
presentazioni librarie) organizzati dal Comune e dalle varie associazioni sono
spesso disertati dagli anconetani? È una cosa che non capirò mai.
Ancona è una città bellissima, densa di storia, come
si fa a non volerle bene …
Il mio editor dice che il “Doric Hotel” si è rivelato
un piccolo caso editoriale anconetano. Devo dire che, benché gli anconetani
leggano in genere piuttosto poco, come nella media nazionale del resto, posso
dirmi soddisfatta dell’impatto che il libro ha avuto su di loro. C’è da fare
ancora molto per promuoverlo, questo è innegabile. I lettori sono spesso pigri,
poco propensi all’acquisto di “una cosa che si usa una volta sola” (neanche
fosse un chilo di patate) e un tantino annoiati di fronte alla solenne parola “cultura”.
È un problema tutto italiano. Personalmente non mi posso lamentare, considerato
che si tratta del mio esordio e che il mio romanzo è stato lanciato da Marco
Monina, leggendario editore della Italic peQuod, uno dei più talentuosi talent
scout letterari italiani. Niente male per un’assoluta sconosciuta come me.
Sappiamo che hai in cantiere una nuova
pubblicazione. Ti va di parlarcene?
Il mio secondo romanzo si intitola “Puoi chiamarmi
Luca”. Sarà pubblicato dalla stessa Italic peQuod nel prossimo maggio, in
concomitanza con il Salone Internazionale del libro di Torino. È una storia
particolare e molto diversa dalla prima. Il Doric Hotel è di genere
storico-sentimentale con accenni al racconto fantastico, mentre la seconda
opera è un noir con spiccati aspetti del giallo di denuncia. Stavolta il
protagonista è un giovane uomo, un poliziotto penitenziario disperatamente
impegnato ad aiutare un detenuto ingiustamente condannato per un reato mai
commesso. La vicenda si snoda tra Ancona e Loreto e nell’immaginario carcere
della Spadaccia dove si svolgeranno gli episodi più importanti. L’elemento
comune ai due romanzi è quello dell’amicizia insolita, tra la giovane e
l’anziana nel primo, e tra il detenuto e l’assistente di polizia penitenziaria
nel secondo. Aspetto ansiosa il giudizio dei miei lettori.
Un saluto ai tuoi lettori?
Ai miei lettori rivolgo sicuramente un saluto
affettuosissimo. Ricevo da loro tanti messaggi di stima e di apprezzamento che
mi rendono orgogliosa del lavoro fatto finora e mi incoraggiano ad andare
avanti per mettermi alla prova e migliorare ancora di più.
Ricordo che il Doric Hotel è in vendita anche in ebook
e che ci si può tenere aggiornati sui relativi eventi seguendo la pagina
Facebook del romanzo e il sito www.luisamazzocchi.com.
Annuncio con l’occasione un evento imperdibile: il
Doric Hotel tour, ovvero una passeggiata tra i luoghi del romanzo con visita
finale alla sinagoga d’Ancona. In attesa del volantino, vi invito domenica 21
aprile alle ore 15 in piazza Cavour per l’inizio del tour. A presto!